La classificazione dei vini Italiani: DOC, DOCG, IGT e vini da tavola

DOC o DOCG? Riserva o Superiore? La classificazione dei vini può assumere tante sfumature creando spesso confusione tra chi lo beve.

Eppure è possibile, facendo riferimento alle normative italiane e comunitarie, costruire una sorta di “Piramide della Qualità del Vino” con alla base vini comuni e al vertice vini di alta qualità. Tale indicazione, se pur valida in tantissime situazioni, non può essere considerata come una cartina di tornasole, in quanto vini posti alla base non sono sempre di bassa qualità ma anzi possono essere vini davvero buoni e genuini.

La differenza sta infatti nelle regole di produzione a cui sono sottoposti, con requisiti via via più stringenti mentre si risale tale piramide. L’insieme di queste regole, oltre a definire aspetti quali ad esempio le indicazioni obbligatorie in etichetta del vino, ha creato la classificazione dei vini italiana a cui nel 2008 si è aggiunta (o sovrapposta) quella comunitaria.

Vediamole insieme e cerchiamo di fare chiarezza.

 

La piramide della classificazione dei vini

 

Primo livello

Vino da tavola (classificazione italiana) e vini generici (classificazione europea)

Rientrano in questa categoria i vini che non hanno riferimenti geografici in quanto frutto di un insieme di varietà di uva provenienti da moltiplici aree geografiche.

Non è quindi necessario indicare i vitigni inclusi, essendo spesso dei blend di uve, basta che le uve rientrino tra le categorie ammesse per la produzione di vino.

Non hanno quindi alcuna denominazione d’origine e devono sottostare a regole meno stringenti.

 

Vino varietale (classificazione europea)

I vini di questa categoria non hanno una denominazione d’origine ma, a differenza del vino da tavola e generici, sono stati prodotti con uve di un vitigno prevalente anche se non ha particolari legami con il territorio di produzione.

I vitigni utilizzati possono essere riportati in etichetta insieme all’annata o la tipologia (vino rosso, bianco, rosato).

 

La classificazione dei vini - IGT e IGP

 

Secondo livello

Vino IGT (classificazione italiana) e IGP (classificazione europea)

La sigla IGT significa Indicazione Geografica Tipica. Questi vini devono rispettare i disciplinari di produzione con regole ben precise da seguire. Una di queste è che l’85% delle uve provengano dalla regione specificata. Regole quindi ben definite ma non così stringenti come quelle che possiamo avere per i vini DOC o DOCG.

Dopo il 2008, la sigla IGT viene considerata come “menzione tradizionale” in quanto sostituita dalla menzione comunitaria IGP. Tuttavia può essere ancora utilizzata nell’etichettatura del vino.

 

Terzo livello

Vino DOC (classificazione italiana) e DOP (classificazione europea)

I vini DOC (Denominazione di Origine Controllata) rientrano dal 2008 sotto l’ombrello legislativo europeo della DOP (Denominazione di Origine Protetta).

Sono prodotti fortemente legati al territorio, con vitigni tipici e iscritti in appositi albi. Le caratteristiche che devono avere i vini nonché le modalità di produzione sono messe nere su bianco sui relativi disciplinari e la produzione è soggetta a controlli da appositi organismi statali lungo tutto il suo ciclo.

Sono tanti gli aspetti che vengono delineati dai diversi disciplinari, come la resa per ettaro o menzioni aggiuntive, come “Classico” o “Superiore” o l’indicazione di sottozone o zone più ristrette. Prima dell’immissione sul mercato, vengono fatte analisi chimico-fisico ed organolettiche per verificare il rispetto dei requisiti previsti dal relativo disciplinare.

Una produzione di vino può diventare DOC se la zona di produzione ha mantenuto la certificazione IGT per più di 5 anni.

 

La classificazione dei vini - DOC, DOCG e DOP

 

Quarto livello

Vino DOCG (classificazione italiana) e DOP (classificazione europea)

Al vertice della piramide per la classificazione dei vini abbiamo la DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) anch’essa sotto l’ombrello legislativo europeo della DOP (Denominazione di Origine Protetta).

Insieme ai diversi disciplinari presenti sul territorio italiano, danno vita a un insieme di regole molto più stringenti degli altri “livelli” di classificazione dei vini visti finora, dando nel consumatore comune una percezione di alta qualità che il più delle volte trova corrispondenza nei fatti.

Oltre a quanto previsto per la DOC, sono sottoposti ad ulteriori controlli come l’esame sensoriale, una degustazione realizzata da una commissione che mira a verificare l’alta qualità del prodotto. Ci sono poi requisiti da rispettare per l’invecchiamento e anche per la capienza massima del contenitore, che non può superare 5 litri.

Sono vini fortemente legati al terroir e alle sue tradizioni; non solo è possibile classificare con DOCG il vino che ha la doc da almeno 10 anni, ma è possibile prevedere in particolari casi ulteriori suddivisioni in sotto zone ancora più limitate e con una menzione geografica aggiuntiva (che in molti casi occupano l’apice della piramide qualitativa).

 

Altre menzioni: classico, riserva, superiore, millesimato

Per completare il quadro, vediamo il significato di alcuni termini che spesso accompagnano le denominazioni viste sopra. Tali termini sono utilizzati per attribuire connotazioni specifiche, relative all’origine o a specifiche selezioni.

  • Classico: quando presente, indica vini prodotti nell’area più antica della zona di produzione. Deve essere prevista dal disciplinare e può essere usata solo per i vini DOP (DOC e DOCG).
  • Riserva: indica che il vino ha subito un processo di invecchiamento di minimo 2 anni per i rossi e 1 anno per i bianchi. Anche qui di disciplinari dettano i periodi (purché superiori) e solo i vini DOP possono avere tale menzione.
  • Superiore: hanno regole più stringenti del relativo disciplinare (come ad esempio la resa per ettaro o la gradazione alcolica). Solo i vini DOP possono riportare tale indicazione in etichetta.
  • Millesimato: prevista per i vini spumanti, indica che il vino proviene dalla vinificazione di uve di una sola annata, la quale deve essere indicata in etichetta. Se non presente, è stata invece usata una cuvèe o assemblaggio di vini provenienti da  diverse annate.

 

L’importanza della etichettatura digitale del vino

Il vino non è solo una bevanda alcolica, è una storia da raccontare fatta di tradizioni e di territori vocati alla sua produzione, ognuno con le sue peculiarità.

Per questo motivo le normative italiane e comunitarie, insieme ai disciplinari, impongo regole sempre più rigide mano a mano che si risale la piramide che si viene a formare con la classificazione dei vini.

Se alla base della piramide l’obiettivo primario è quello di assicurare la sicurezza del prodotto, più si sale e più queste regole introducono nuovi requisiti volti alla valorizzazione del prodotto e alla storia che c’è dietro.

QuvéeR, oltre a permettere il rispetto delle nuove normative grazie alla sua etichetta digitale, permette anche di raccontare le qualità del vino, l’unicità del territorio dal quale proviene e la dedizione con cui la cantina ogni giorno produce questa eccellenza italiana.

Tutto in un unica pagina, su tutte le bottiglie della cantina, grazie alla esclusiva Vetrina Digitale, che solo QuvéeR oggi può offrire.

 

Iscriviti alla nostra Newsletter!

Resta aggiornato sulle promozioni, sulle novità e sui servizi di QuvéeR