La crescente attenzione sui vini naturali dimostra che anche nel mondo del vino si stanno affermando (qualora già non lo fossero) temi quali la sostenibilità ambientale e il voler sapere cosa c’è dentro il bicchiere.
Questa nuova sensibilità non è passata inosservata ai produttori che, compreso di non essere di fronte a una moda del momento, si stanno adeguando alle nuove necessità e richieste di mercato.
Quando si parla di vini naturali, spesso vengono identificati come tali i vini senza solfiti aggiunti, quelli biologici e anche quelli biodinamici. Questi vini sono accumunati per i metodi di coltivazione e produzione, che escludono l’uso di prodotti chimici e intervengono in maniera limitata nella trasformazione del mosto in vino rispetto ai vini convenzionali.
Ma sono davvero la stessa cosa?
In questo articolo vedremo le differenze tra le diverse tipologie di vino, le normative e come riconoscerli dall’etichetta.
Cosa si intende per vini naturali?
I vini naturali sono prodotti senza l’uso di prodotti chimici o additivi sintetici e con l’idea di intervenire il meno possibile durante la produzione.
L’intento è creare un vino autentico, che esprime il terroir e le caratteristiche organolettiche tipiche della zona di provenienza. I produttori spesso sono indicati con il termine “vignaioli” proprio per rafforzare il concetto identitario che la produzione di questo vino vuole rappresentare.
In vigna, vengono utilizzate solo pratiche naturali, come l’impiego di fertilizzanti naturali o la raccolta e selezione a mano delle uve durante la vendemmia.
Tale approccio prosegue poi anche in cantina, con interventi ridotti al minimo. Ad esempio i solfiti, già presenti nel vino durante la fermentazione spontanea del mosto, sono aggiunti solo se necessari. Tale fermentazione avviene senza il controllo della temperatura e vengono utilizzati lieviti indigeni presenti sull’ uva e non selezionati, ad eccezione di quelli naturalmente presenti in cantina.
Per quanto riguarda l’aspetto normativo, i vini naturali non hanno una legislazione in materia; esistono delle associazioni che hanno elaborato regole e disciplinari nel tentativo di tutelare l’espressione “vino naturale”, come ad esempio VinNatur o il consorzio Vini Veri.
La mancanza di una normativa unificata e specifica sui vini naturali crea delle zone grigie anche per l’etichettatura.
Come alimento, è sottoposto alla normativa generale sull’etichettatura degli alimenti (regolamento UE/1169/2011). Il termine “vino naturale” può essere usato come indicazione facoltativa ma non deve risultare ingannevole e fuorviante per il consumatore. Eventuali contestazioni verrebbero affrontate dalle autorità nazionali dello Stato in cui il vino è stato prodotto. Tuttavia, altri Stati potrebbero non condividere tali valutazioni e impedire la commercializzazione nel loro territorio.
Cosa significa vino biodinamico?
Il vino biodinamico nasce da uva proveniente da agricoltura biodinamica, una vera e propria filosofia della coltivazione della terra ideata intorno 1920 da Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia. Tale concezione, quando applicata al vino, incide in maniera particolare sia sulla coltivazione del terreno che sul processo di vinificazione.
La terra deve essere mantenuta fertile stimolando i nutrienti già in essa presenti. Il livello di humus nel terreno deve essere ricco e vengono utilizzati dei preparati ad hoc, come il cornoletame (500) o il cornosilice (501) che, irrorati sul vigneto, nutrono le piante in maniera naturale, aiutandole anche a resistere da malattie o parassiti.
Questo procedimento di coltivazione rifiuta componenti chimici e anche la vinificazione non è da meno. Le azioni sono poche e non invasive, come chiarifiche e filtrazioni leggere. Un’altro aspetto caratterizzante è il fattore astronomico, dato che per travasi e imbottigliamento viene tenuto in considerazione anche il calendario lunare.
La solforosa, prodotta naturalmente durante il processo di fermentazione, è usualmente di 90 mg/l per i vini bianchi e 70 mg/l per i vini rossi.
Come per i vini naturali, anche per il vino biodinamico non esiste ancora una legislazione nazionale o europea.
Ci sono però delle associazioni che stabiliscono determinate regole e disciplinari per la produzione dei vini biodinamici, come ViticolturaBioDinamica o Demeter Associazione Italia che permette di riportare il marchio in etichetta.
Che cos’è un vino biologico?
Il vino biologico è ottenuto da uve ottenute seguendo i criteri di agricoltura biologica.
Anche se i valori di fondo sono simili (sostenibilità e un vino il più naturale possibile) la grande differenza è che per essere definito biologico il vino deve rispondere a determinati requisiti previsti dal Regolamento 848/2018/UE.
Il produttore deve utilizzare l’uva biologica, senza l’impiego di organismi geneticamente modificati e ottenuta senza l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi per concimi, diserbanti, pesticidi, con la sola eccezione di quelli a base di zolfo o solfato di rame. Questi sono elementi sono alla base per la cantina se vuole ottenere la certificazione bio.
Per la vinificazione possono essere utilizzati solo i prodotti enologici e i processi ammessi dal Regolamento 848/2018/UE, che sono di numero più limitato rispetto a quelli permessi nella produzione del vino convenzionale ma comunque maggiore rispetto a quelli utilizzati nella produzioni di vini naturali e biodinamici. È consentito l’impiego di circa 40 additivi e coadiuvanti enologici, come ad esempio gomma arabica, lieviti industriali, acido tartarico, trucioli di quercia.
L’anidride solforosa ha dei limiti ben definiti sia per i vini bianchi (150mg/l) quanto per quelli rossi (100mg/l). Va ricordato che la legge obbliga di apporre la dicitura “contiene solfiti” quando la quantità di anidride solforosa è uguale o superiore a 10mg/L.
Per quanto riguarda l’etichettatura, ci sono delle indicazioni obbligatorie previste dalla legge che si sommano a quelle già in essere per tutti i vini (maggiori dettagli sono presenti in questo articolo); in particolare, va inserito in etichetta:
– il codice dell’autorità o organismo di controllo cui è soggetto l’operatore che ha realizzato l’ultima operazione di produzione o preparazione.
– L’indicazione del luogo in cui sono state coltivate le materie prime agricole insieme alla dicitura “Agricoltura UE” o “Agricoltura non UE” o “Agricoltura UE/non UE” a seconda del luogo di provenienza.
– Il logo di produzione biologia dell’Unione Europea.
Come riconoscere se un vino è “naturale”?
Come abbiamo potuto leggere, i vini naturali non sono la stessa cosa rispetto ai vini biologici e biodinamici. Il principio ispiratore, se bene sia comune negli intenti, nella pratica implica molte differenze.
Il vino naturale ha un approccio molto più rigido, un vino ottenuto direttamente dal succo d’uva, senza altre sostanze aggiunte e con una lavorazione che richiede interventi minimi.
Questa pratica però ha degli “inconvenienti”, sopratutto per i grandi produttori: essendo il vino frutto della stagione e del clima, rende molto difficile assicurare qualità e quantità costanti negli anni.
A differenza del vino biologico, la mancanza di normative comuni complica ulteriormente la situazione. Gli elementi in etichetta per identificare in maniera certa i vini naturali e quelli biodinamici sono per lo più i loghi di associazioni che, pur avendo regole ben precise, rimangono a tutti gli effetti dei soggetti privati. Questo fa si che, per ottenere quel logo, bisogna essere associati, rispettare il loro regolamento e spesso pagare delle royalties per l’utilizzo del logo.
Aspetti spesso in contrasto con la forte identità dei vignaioli, fedeli ai propri metodi di produzione magari tramandati di generazione in generazione, che pur producendo vino a tutti gli effetti naturale o biodinamico, decidono di non aderire a tali organizzazioni.
Dal lato del consumatore però una soluzione è all’orizzonte.
La normativa europea sull’etichettatura del vino obbligherà le cantine a indicare esplicitamente in etichetta gli ingredienti presenti nella bottiglia di vino. A quel punto, per chi cerca un prodotto il più naturale possibile, sarà più facile avere un’idea chiara se il vino risponde alle proprie aspettative, pur ricordando che qualità e salubrità non sono mai in discussione anche nei vini convenzionali o con tanti ingredienti, in quanto sempre sottoposti a rigide normative per la messa in commercio.
QuvéeR permette di creare delle etichette digitali che, tramite il Qr Code presente sulla bottiglia, mostra sullo smartphone del consumatore gli ingredienti presenti e altre informazioni come la dichiarazione nutrizionale e le indicazioni per la raccolta differenziata. Grazie alla sua piattaforma informatica dedicata, è possibile anche raccontare al meglio il prodotto e la Cantina, con schede tecniche, foto, video, degustazioni di sommelier e tanto altro ancora. Rispettare la normativa e promuovere il prodotto, tutto in uno solo Qr Code.